Fino a che età bisogna mantenere un figlio maggiorenne?
Con la recentissima sentenza n. 27904/2021 del 13 ottobre, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su una dibattuta questione: fino a che età i genitori devono mantenere un figlio maggiorenne?
Il caso
Nel 2016, nell’ambito di un procedimento di divorzio, il Tribunale di Roma disponeva l’obbligo per un padre di versare alla figlia maggiorenne (ultratentenne, di buona salute, non studentessa) un assegno di mantenimento di € 450,00 mensili. La giovane donna veniva infatti ritenuta dal Tribunale “non economicamente autosufficiente”.
Il padre appellava la sentenza di primo grado, ottenendo dalla Corte d’Appello di Roma una riduzione del mantenimento ad € 350,00 mensili. Anche la Corte d’Appello infatti, con sentenza del gennaio 2019, reputava la figlia “non economicamente autosufficiente”, ma riduceva l’importo dell’assegno considerando “che la beneficiaria svolgeva comunque un’attività lavorativa, sia pure non continuativa e “a nero””.
Il padre adiva dunque la Suprema Corte di Cassazione, onde ottenere la cassazione della sentenza d’appello e la revoca dell’obbligo di mantenimento.
La decisione: mantenere un figlio fino a……?
Con la pronuncia n. 27904/2021, la Cassazione ha tracciato delle importanti linee guida, di seguito sintetizzate:
- è pacifico che l’obbligo di mantenere un figlio maggiorenne non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae, qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori;
- ciononostante, secondo la più recente giurisprudenza (a cui la Suprema Corte intende dare continuità), il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni;
- a tal proposito, è necessario che il giudice della separazione/divorzio accerti concretamente se il figlio maggiorenne si sia o meno attivato per reperire, senza riuscirci, un’attività lavorativa più stabile. L’onere della prova spetta, ovviamente, al richiedente l’assegno;
- qualora non sussistano i presupposti per il mantenimento, resta comunque salvo il diritto del figlio agli alimenti (n.d.r. per approfondire le differenze fra mantenimento e alimenti, vi invito alla lettura dell’apposito articolo del 23.09.2021).
Svolte tali premesse, la Suprema Corte ha cassato la decisione della Corte d’Appello di Roma rilevando come la Corte d’Appello si fosse limitata ad affermare che la figlia in questione non era rimasta del tutto inerte (essendosi attivata per cercare lavoro nei bar “che la chiamavano al bisogno”), senza tuttavia accertare concretamente se la figlia, ormai quasi trentacinquenne, avesse cercato di reperire, senza riuscirci, un’attività lavorativa più stabile.