Un bacio alla moglie non consenziente è violenza sessuale?

 

Costringere la moglie, non consenziente, a subire un bacio sulla bocca, può integrare il reato di violenza sessuale.

Questo è quanto ha chiarito la Corte di Cassazione in una recentissima pronuncia del 14 ottobre 2021 (la n. 37460).

Il caso

Un uomo, non rassegnandosi alla fine del proprio matrimonio, stringeva il viso della moglie bloccandola per imporle un bacio sulla bocca e, contemporaneamente, nonostante la resistenza oppostagli, le impediva di sfuggire alla sua presa.

La moglie in questione, stanca delle continue prevaricazioni e vessazioni del marito (anche sui figli), da tempo gli aveva comunicato la propria volontà di separarsi e di trasferirsi a vivere altrove.

La decisione della Cassazione

Nella pronuncia in commento la Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Messina che aveva condannato l’uomo per il reato di violenza sessuale (unitamente ad altri reati). Il marito aveva proposto ricorso in Cassazione sostenendo che il bacio non avrebbe potuto configurare il reato di violenza sessuale, in assenza di una vera e propria violenza fisica o verbale ai danni della moglie.

Nel valutare il caso, la Suprema Corte ha innanzitutto ricordato che, secondo una tesi più risalente, ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, va qualificato come “atto sessuale” anche il bacio sulla bocca che sia limitato al semplice contatto delle labbra (potendosi detta connotazione escludere solo in presenza di particolari contesti sociali, culturali o familiari, nei quali l’atto risulti privo di valenza erotica, come, ad esempio, nel caso del bacio sulla bocca scambiato, nella tradizione russa, come segno di saluto). Giurisprudenza più recente, poi, ha precisato che un bacio sulla bocca può sì configurare il reato di violenza sessuale, perché si valutino una serie di elementi, quali la condotta dell’agente nel suo complesso, il contesto sociale e culturale in cui l’azione è stata realizzata, la sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, il contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e ogni altro dato fattuale qualificante.

Fatte tali premesse, la Corte di Cassazione ha sottolineato che, ai fini della sussistenza del reato in esame, non occorre che la violenza sia di forma o veemenza particolare o, men che meno, brutale ed aggressiva, potendo essa manifestarsi anche come sopraffazione funzionale e limitata alla pretesa dell’atto sessuale stesso: nel caso esaminato, l’imputato aveva stretto il viso della vittima bloccandola per imporle il bacio sulla bocca e, contemporaneamente, nonostante la resistenza oppostagli, le aveva impedito di sfuggire alla sua presa. Il mancato consenso della donna all’atto sessuale, poi, era del tutto pacifico e noto all’uomo, il quale non voleva rassegnarsi alla fine del rapporto sentimentale con sua moglie, che gli aveva già da tempo comunicato l’intenzione di volersi separare e trasferirsi a vivere altrove.

Corretta dunque, ad avviso della Cassazione, la decisione della Corte d’Appello di Messina, che aveva ritenuto configurabile il delitto di violenza sessuale a carico dell’imputato, allargando la verifica ai dati di contesto, oltre che al gesto di valenza sessuale in sé considerato, ed altresì appurando la volontà dell’uomo di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della moglie non consenziente, pur con il fine ulteriore di tentare una riconciliazione con costei.

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